Ripercorrere i lavori realizzati tra il 2010 e il 2011 significa tornare al momento in cui la mia ricerca ha iniziato a definirsi. Erano gli anni dell'Accademia di Belle Arti di Urbino, e già allora emergeva la volontà di far dialogare il corpo con elementi esterni: gusci, ortaggi, oggetti comuni.
Il mio lavoro abita questi confini instabili. Corpo e oggetto, naturale e artificiale, intimo e grottesco. Non cerco risposte definitive, ma esploro quelle zone d'ombra dove le forme si trasformano e i significati slittano.
Inserire parti del corpo in gusci, ortaggi o elementi quotidiani è un gesto che scardina le convenzioni, che ribalta i significati dati per scontati.
Tra serietà e ironia, tra vulnerabilità e gioco, ha preso vita la mia ricerca.
Alice (2010): il cuore come nucleo simbolico
Terracotta, grafite, bronzo

Realizzata per una mostra presso il Palazzo Ducale di Urbino, "Alice" rappresenta una tappa fondamentale nella definizione del mio percorso. Il mezzo busto femminile in terracotta e grafite presenta una cavità interna da cui emerge un cuore anatomico in bronzo.
La scelta materica non è casuale: il contrasto tra la superficie opaca della terracotta e la compattezza luminosa del bronzo sottolinea la tensione tra contenitore e contenuto, tra fragilità e resistenza. Il cuore è trattato come organo reale, non come simbolo romantico, anticipando quella che sarebbe diventata una costante del mio lavoro: restituire agli organi la loro forma autentica per spostarli dal piano puramente biologico a quello simbolico ed esistenziale
Lumache+dita (2010): l'autoritratto come metamorfosi
Guscio di lumaca, resina poliuretanica sintafoam, fondotinta e acrilici

Quest'opera appartiene al ciclo delle metamorfosi. Da gusci di lumaca autentici, raccolti in natura, emergono le mie dita, modellate attraverso calchi diretti.
Un autoritratto che non si limita a restituire la somiglianza esteriore, ma si apre a una trasformazione, a una mutazione continua. Le dita, che sono al tempo stesso strumenti creativi dell’artista e simbolo di contatto e azione, escono da un guscio vuoto e diventano estensione di un altro essere. È un’immagine che unisce fragilità e resistenza, immobilità e movimento, richiamando la tensione tra protezione e esposizione.
Melanzana+capezzoli g 990 (2011): corpo e mercificazione

Realizzata per il progetto collettivo "Supermarket", quest'opera traduce il corpo femminile in prodotto da banco: due melanzane trasformate in seni, complete di capezzoli, confezionate e dotate di codice a barre.
Il lavoro mette in scena un cortocircuito tra dimensione intima e logica del consumo, tra organicità e serialità. L'ironia si fa strumento di analisi critica: il corpo viene letteralmente ridotto a merce, etichettato e prezzato. L'autoritratto si rovescia in ritratto collettivo, rivelando i meccanismi attraverso cui l'identità individuale può essere standardizzata e resa anonima. L'opera gioca deliberatamente sul confine tra attrazione e repulsione, esponendo il paradosso di una società in cui qualsiasi elemento, anche il più intimo, può essere trasformato in oggetto di consumo.